Dalle polaroid ai sequenziatori di nuova generazione, un viaggio nella fotografia molecolare della vita: tra omiche, strumenti di analisi e la nuova frontiera della Spatial Biology.

La tecnologia moderna si è evoluta così tanto negli ultimi decenni da rendere possibili tante cose che in passato nemmeno si immaginavano. Pensiamo alla possibilità che abbiamo oggi di scattare una foto con il nostro smartphone ogni volta che vogliamo e a qualsiasi cosa noi vogliamo. Per la generazione Z ormai sarà una cosa quasi scontata ma per i millenial, ad esempio, non lo è. Ricordo ancora quando si andava in gita da bambini e i nostri genitori ci compravano le macchinette con il rullino con un numero predefinito di scatti. Oppure le polaroid che ti permettevano di avere la tua foto sviluppata al momento dello scatto. Dovevi per forza scegliere bene i momenti da immortalare, a cosa o con chi fare foto, perché altrimenti il rullino finiva e poi non avevi più foto disponibili per immortalare un momento che poteva rivelarsi interessante. Quante foto sfocate e con gli occhi rossi che fanno parte della nostra infanzia…e se vi dicessi che la scienza è progredita a tal punto da permetterci oggi di immortalare in un colpo solo una istantanea delle molecole che compongono le cellule di un organo? In inglese diremmo uno “snapshot”, un fotogramma che racchiude tutti i metaboliti, le proteine, i lipidi o l’RNA/DNA contenuto in una cellula al momento del suo campionamento.
Dal DNA ai metaboliti: come la scienza ‘fotografa’ le molecole della vita
Ebbene si, la scienza si è spinta a tal punto e negli ultimi decenni sono emerse le cosiddette tecniche “Omiche” che racchiudono, in base alla molecola di interesse, diverse tecniche specifiche. Abbiamo la metabolomica per quantificare i metaboliti (i prodotti del metabolismo cellulare), la proteomica per le proteine (i costituenti strutturali e funzionali di una cellula), la lipidomica per i lipidi (le molecole che fungono da stock di nutrienti, messaggeri e che compongono le membrane delle cellule) e la trascrittomica e genomica per DNA (la molecola che funge un po’ da manuale di istruzioni delle cellule) e RNA (le molecole che vengono prodotte a partire dal DNA e che fungono da effettori delle istruzioni che il DNA porta) rispettivamente. Se dovessimo paragonare queste tecniche alla fotografia, per alcune saremmo ancora ai livelli delle macchinette con rullino e delle polaroid. Bisogna scegliere bene il momento da fotografare e che cosa fotografare perché una volta “scattata” la foto non si può ripetere. Questo perché il campione di interesse va estratto, ovvero vanno isolate solo le molecole che appartengono alla classe di nostro interesse in quel momento. Un po’ come nella fotografia possiamo anche scegliere con chi fare la foto. Immaginate di essere ad una cena con un gruppo di amici che non si vedono da un po’. Ad un certo punto della serata qualcuno proporrà di fare una foto di gruppo e TUTTI vi mettete in posa. In questo caso, è un po’ come una omica untargeted, ovvero in cui tutte le molecole di interesse vengono identificate durante la corsa dei campioni senza eccezioni. Se invece durante quella cena decidete di fare un selfie solo con un ristretto SOTTOGRUPPO di persone, allora in questo caso ricadiamo in una omica targeted, in cui si costruisce una libreria di molecole analizzando le specifiche chimiche delle molecole di interesse per poter poi riconoscerle ed identificarle. In questo caso, solo alcune delle molecole totali vengono identificate ed analizzate. Magari queste molecole appartengono ad un meccanismo molecolare o sono responsabili di un certo processo che vogliamo analizzare. L’informazione che otteniamo da questi due tipi di fotografie quindi cambia. L’applicazione di una o l’altra di queste due tecniche “fotografiche” dipende dall’uso che vogliamo farne. Se abbiamo informazioni a priori che un certo pathway possa essere influenzato vogliamo solo averne una conferma ed usiamo la targeted, mentre invece se non abbiamo informazioni ci serve un metodo che riconosca tutto per ottenere il maggior numero di risposte possibili e quindi sceglieremo la untargeted.
Come funzionano le macchine fotografiche della scienza: alla scoperta degli strumenti delle tecniche Omiche
Ma se possiamo paragonare le tecniche omiche ad una fotografia, lo strumento che utilizziamo per ottenere le informazioni sarà simile ad una macchina fotografica? Bhè, in realtà non proprio…Per quanto riguarda metabolomica, proteomica e lipidomica, si utilizza una cromatografia accoppiata a spettrometria di massa. La cromatografia è una tecnica chimica che sfrutta le diverse caratteristiche chimiche delle molecole per separarle all’interno di una colonna. Possiamo immaginare un colorante composto da diverse molecole diverse e immergendoci un lato di un foglio di carta queste molecole iniziano a salire lungo il foglio a diverse velocità separandosi. Nella cromatografia avremo le nostre molecole separate in diverse fasi in base al loro tempo di ritenzione nella colonna avendo quindi già una informazione di cosa è contenuto all’interno del nostro campione. A questo punto entra in gioco la spettrometria di massa. Tramite questa tecnica, le molecole vengono rotte in vari pezzi che acquisiscono carica elettrica e che vengono poi accelerati in un campo magnetico o elettrico. In base al loro comportamento nel campo se ne deduce la massa. Il risultato è un grafico con dei picchi che associato all’informazione del cromatografo sul tempo di ritenzione ci permette di identificare le varie molecole. Una seconda “macchina fotografica” che viene usata a questo scopo è la risonanza magnetica nucleare (NMR). In questo caso, le molecole vengono sempre sottoposte ad un campo magnetico che ne polarizza gli atomi (idrogeno e carbonio ad esempio) e a questo punto colpendoli con onde radio li si fa entrare in risonanza e da come le molecole rispondono possiamo capire la loro struttura ed identificarle.
E per l’RNA ed il DNA? In questo caso si fa riferimento al sequenziamento. Essendo queste molecole una stringa di informazione codificata usando 4 lettere (Nucleotidi: Adenina (A), Timina (T), Citosina (C) e Guanina (G) per il DNA e gli stessi ma con l’Uracile (U) al posto della T per l’RNA) abbiamo bisogno di uno strumento che sia in grado di leggere questo codice. Per questo motivo negli anni si sono susseguite diverse tecniche per ottimizzare il sequenziamento di DNA ed RNA e siamo arrivati oggigiorno alla terza generazione di queste tecniche. La prima generazione è nata negli anni ’70 con la Sanger, un metodo lento ma accurato che leggeva sequenze fino a 1200 basi utilizzando dei nucleotidi modificati. Per la seconda generazione si è dovuto aspettare circa 30 anni. Negli anni 2000 le next-generation sequencing (NGS) hanno rivoluzionato la genetica leggendo milioni di frammenti in parallelo in poco tempo e riducendo i costi. Più recentemente invece le third-generation sequencing hanno addirittura permesso di leggere lunghe sequenze di DNA senza spezzarle ed in tempo reale facendole passare all’interno di un poro e misurando il potenziale generato dal passaggio di ogni nucleotide. Diciamo che può essere paragonato al leggere un testo su di un foglio tutto nello stesso colpo senza interrompersi.
Dove sono le molecole? La rivoluzione della fotografia spaziale nei campioni biologici
Come è avvenuto per la fotografia, queste tecniche si sono evolute molto con il tempo e sono state ottimizzate per aumentarne l’affidabilità e la resa. Un passo avanti è stato raggiunto intorno al 2016 con la nascita della Spatial Biology, una serie di tecniche che affiancano alle omiche anche l’informazione spaziale all’interno di un campione. Quindi in questo modo, non solo io posso sapere che molecole ci sono all’interno dei miei campioni ma anche in che regione del campione sono localizzate e quindi anche comparare le informazioni tra diverse regioni dello stesso campione. Un altro vantaggio di questa tecnica è la possibilità di analizzare diverse sezioni dello stesso campione in modo indipendente e non tutto il campione nello stesso momento, come nelle analisi precedenti, e quindi permette anche di poter ripetere l’analisi se non è venuta in modo ottimale la prima volta. È un po’ come poter ripetere un selfie o una foto perché è venuta sfocata o qualcuno aveva gli occhi chiusi la prima volta.
Il campo della Spatial Biology sta quindi rivoluzionando la biologia cellulare e molecolare in modi impensati qualche decennio fa. Le ricadute pratiche delle omiche e della Spatial Biology sono molteplici, dallo studio dei tumori, risposta a farmaci o tossine, sviluppo di organi o organismi, neuroscienze e medicina personalizzata, un ambito di ricerca molto caldo al giorno d’oggi che potrà portare al miglioramento delle pratiche mediche personalizzando i trattamenti e le cure paziente per paziente.
Siamo quindi di fronte a innumerevoli rivoluzioni scientifiche. Come per la fotografia, nessuno può immaginare dove ci spingeremo nei prossimi anni. Da scienziato sono molto curioso di vedere dove questa innovazione tecnologica ci porterà. Un domani queste tecniche potranno arrivare a farci ottenere una mappatura completa di tutti i tessuti e organi di un organismo, compreso l’uomo, un po’ come è stato per il progetto genoma umano che ha portato alla mappatura completa dell’intero genoma umano. Non resta che attendere per vedere quali meraviglie questo settore ci porterà….
Nel frattempo, se volete maggiori informazioni a riguardo potete trovarle in questo interessantissimo podcast
Christian Giommi
Fonti:
- Hasin, Y., Seldin, M., & Lusis, A. (2017). Multi-omics approaches to disease. Genome Biology, 18(1), 83. https://doi.org/10.1186/s13059-017-1215-1
- Patti, G. J., Yanes, O., & Siuzdak, G. (2012). Metabolomics: the apogee of the omics trilogy. Nature Reviews Molecular Cell Biology, 13(4), 263–269. https://doi.org/10.1038/nrm3314
- Heather, J. M., & Chain, B. (2016). The sequence of sequencers: The history of sequencing DNA. Genomics, 107(1), 1–8. https://doi.org/10.1016/j.ygeno.2015.11.003
- Burgess, D. J. (2019). Spatial transcriptomics coming of age. Nature Reviews Genetics, 20, 317. https://doi.org/10.1038/s41576-019-0109-y
- Schork, N. J. (2015). Personalized medicine: Time for one-person trials. Nature, 520(7549), 609–611. https://doi.org/10.1038/520609a