
Il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha dunque messo mano alla legge 157/92 sulla caccia, con una proposta pubblicata in anteprima da Il Fatto Quotidiano (e non solo) e che sta già sollevando molte polemiche. Sembra, infatti, che tutte le modifiche avanzate vadano a tagliare quei limiti che ad oggi regolamentano l’attività venatoria. Modifiche che permetteranno perfino la caccia in aree protette e su terreni privati.
Ma perché questo nuovo ddl sta riscontrando così tante opposizioni da parte delle associazioni ambientaliste, influencer, giornalisti e altri partiti politici? Per rispondere a questo tipo di domande abbiamo deciso di intervistare il Dott. Osvaldo Negra, laureato in Scienze Biologiche e con un Dottorato di Ricerca in Biologia Animale (Etologia), che dal 1997 lavora come “Tecnico di Zoologia dei Vertebrati e Museologia Scientifica” presso il Museo Tridentino di Scienze Naturali (MTSN) di Trento, poi diventato MUSE.

Ciao Osvaldo, grazie per averci dato questa possibilità, che speriamo possa chiarire un po’ le idee su questo argomento ancora nuovo e caldo.
Allora, dalle anticipazioni del nuovo ddl, sembra che la caccia passerà da attività ludica ad attività sportiva-motoria che <<concorre alla tutela della biodiversità e dell’ecosistema>> (articolo 1, comma 1). Da questo primo punto già si vedono, a mio parere, delle discrepanze. Ma lo chiedo direttamente a te, Osvaldo: può, a tutti gli effetti, la caccia diventare qualcosa che aiuti a tutelare la biodiversità e l’ambiente?
Io trovo questa, in realtà, una mistificazione che punta sul dare ai cacciatori una sorta di greenwashing per farli risultare più presentabili alla collettività. Questo anche di fronte al fatto che gran parte della stessa collettività trova riprovevole l’uccisione di esseri viventi, ripudiando questa forma di violenza. Quindi il cacciatore è, secondo me, da questo punto di vista alla ricerca di un ruolo sociale. Un ruolo sociale che in realtà non c’è e che, quando dovrebbe esserci, dovrebbe essere svolto da personale pubblico, come il personale dell’amministrazione provinciale o anche i forestali.
Possono esistere casi in cui si decide di risolvere la conflittualità con una specie selvatica, con l’abbattimento e quindi la rimozione della suddetta specie. A volte perché si tratta di una specie aliena, a volte perché si tratta di una specie magari priva di controlli naturali e quindi che ha raggiunto delle densità tali che suscitano danni economici. Ovviamente la caccia diventa, in questi casi, la soluzione più semplice per rimuovere gli esemplari. Tra l’altro se la rimozione di questi esemplari in eccesso, venisse affidata al personale provinciale, diventando un’azione un po’ più complessa e strutturata, spesso non rappresenterebbe la prima ratio ma magari un secondo o un terzo atto.
Potresti farci un esempio concreto di quando la caccia è stata usata a tale scopo?

Un esempio è il cinghiale, che è una specie realmente in potente espansione demografica.
Questa è legata a tutta una serie di caratteristiche: come l’adattabilità, ovvero l’ampia valenza ecologica della specie, ma anche la creazione di habitat legata all’abbandono di zone agricole o di pascolo a media montagna. O ancora la tendenza che ha ad utilizzare fonti alimentari legati ai rifiuti e via dicendo, ed infine una scarsa incidenza ad incontrare i predatori che ancora non controllano tale dilatazione. Chiaramente il cinghiale, visto così, diventa uno strumento per legittimare l’azione del cacciatore, con i quali si riesce a contenere il cinghiale. Quindi, in questo caso il cacciatore aiuta la biodiversità perché contiene una specie la cui consistenza numerica lo rende impattante su altre.
Ok, grazie Osvaldo per averci chiarito anche un po’ le idee sulla questione dei cinghiali, su cui c’è sempre un velo di confusione.
Tornando a noi, la nuova proposta di legge sembra legalizzare pratiche che hanno in particolar modo preso di mira l’avifauna. Ad esempio, si parla di una ri-apertura dei roccoli, ovvero un sistema di caccia diffuso soprattutto nella zona padano-alpina e che è stata precedentemente vietata dall’Unione Europea in quanto poco selettiva, o anche l’utilizzo dei richiami vivi e l’aumento delle specie di uccelli cacciabili da 7 a 47. Infine, anche l’estensione del periodo di caccia anche nei mesi di migrazione e nidificazione. Insomma, uno scenario che sembra andare contro la Direttiva Uccelli dell’Unione Europea.
Ci puoi spiegare un po’ cosa significa tutto ciò e quali potrebbero essere le conseguenze di una tale modifica?
Direi che molto probabilmente causerebbe un tracollo di molte popolazioni di uccelli selvatici. Noi ovviamente pensiamo sempre al danno legato agli esemplari abbattuti, ma la caccia ha in realtà un fortissimo impatto sulla fauna selvatica in termini di disturbo e in termini di fruizione dell’habitat. Ovverosia, noi siamo una specie impattante, presente in un gran numero di habitat. Se noi e altri animali causiamo paura, gli habitat frequentati da noi verranno evitati dagli altri animali. Se nei confronti delle altre specie noi non generiamo paura, queste potrebbero utilizzare anche gli habitat ove vi è la specie umana.
Nel senso, tu vedi facilmente avvicinarsi alle zone abitate le specie sulla quale c’è una bassa pressione venatoria, perché tendono a non aver più tanta paura delle persone. Se ci fai caso, un ambiente acquatico è frequentato facilmente da specie di anatre e di uccelli acquatici non impattati dalla caccia, le specie invece sulle quali c’è ancora prelievo venatorio sono molto sospettose nell’avvicinarsi e frequentare questi stessi ambienti. Ovviamente li frequentano se poco disturbati o anche se sono turisticamente fruiti. Ti faccio il caso del Lago di Garda: li ci trovi le specie sulle quali la caccia non incide, perché sono fuori dalla zona venatoria. Se adesso vai lì, che è un luogo frequentatissimo, ci trovi lo svasso, il tuffetto, il germano reale. Tutte specie che non subiscono un prelievo.
Però, le volte che sul lago di Garda hanno la fortuna di posarsi le marzaiole o le canapiglie, quindi specie pesantemente cacciate a livello europeo, vedi che hanno una distanza di fuga nei confronti delle persone molto elevata. Quindi l’aumento del novero di specie cacciabili non solo sarebbe un danno in termini di prelievo diretto, ma renderebbe queste specie più sensibili al disturbo antropico, legato alla presenza della componente umana. Ovviamente, in generale, la caccia disturba le specie anche non cacciate: i suoni, la presenza dell’uomo o del cane vagante. Tutto questo significa quindi ampliare il disturbo venatorio, diretto (abbattimento) e indiretto (tutte le modifiche nel disturbo legate al fastidio associato alla caccia)

Che tipo di impatto ha cacciare una specie migratrice durante il suo periodo riproduttivo?
Con tutti i limiti del caso, la caccia è adesso concentrata in autunno. Questo significa che la caccia preleva una componente della popolazione rappresentata da una bella fetta di giovani dell’anno. L’inverno per i giovani rappresenta una fase selettiva!
Allora, a seconda delle specie, tra migrazione e svernamento muoiono molti giovani, mentre gli adulti su base esperienziale hanno già messo a punto tutta una serie di conoscenze che permettono loro di essere un po’ più resistenti. Quando, quindi, l’ISPRA ha cercato di dare alla caccia una direzione…chiamiamola sostenibile, ha fatto sì che la caccia incidesse sulla componente più soggetta di suo ad erosione. Cioè, nel 50-60% di giovani che in inverno muoiono per motivi vari, ci hanno messo anche quelli prelevati dalla caccia. Se io, invece, comincio a cacciare in periodo riproduttivo significa che incido sugli adulti. Molte specie non si riproducono il primo anno.
Se io vado a cacciare sui luoghi di riproduzione, come si faceva un tempo, ad esempio, sulle Alpi per il gallo cedrone e il gallo forcello, incido sia sugli adulti riproduttivi, ma in più disturbo anche tutta la fase di riproduzione, rendendo questi animali sempre più sensibili. L’altra considerazione sugli uccelli migratori è che la caccia esula da qualsiasi stima reale! Perché io posso anche dire che vado nella zona del delta del Po’ e abbattere il 10% di 500.000 anatre lì presenti, ma queste anatre cosa rappresentano? Qual è la loro provenienza? Non si sa. Per cui i migratori andrebbero proprio espulsi dal calendario venatorio. Tra l’altro ci sono anche ora molte specie migratrici nel calendario venatorio per le quali però, a livello europeo, c’è una tendenza negativa. Come ad esempio la tortora!
La tortora è un columbiforme che storicamente si cacciava in tutta Italia sia in autunno che in primavera e che era molto presente sul territorio italiano. Ora, con la scomparsa degli insetti di cui si cibava durante il periodo riproduttivo, scomparsa dei luoghi in cui nidificare, il numero di individi di questa specie si sta riducendo in tutta Europa. Ciò nonostante, non è stata ancora rimossa dalle specie cacciabili. Lo stesso dicasi per la quaglia, ad esempio.
Quindi già nell’attuale legge sulla caccia ci sono una serie di manchevolezze.
Sì! Per questo, io direi che la caccia agli uccelli migratori è assolutamente inappropriata, così come la caccia al di fuori della parentesi autunnale. Attuare la caccia in tutti i luoghi che possano avere un significato per l’alimentazione e di sosta migratoria, significa incidere su di loro in una fase delicata annuale. Ad esempio, la legge attuale vieta la caccia su terreno innevato, perché si considera che la presenza della neve rappresenti un ostacolo ulteriore al rinvenimento del cibo e quindi non posso andare a cacciarti quando hai già una impellenza alimentare. L’altra considerazione è che, a differenza della pesca ad esempio, se cacci una specie protetta o al di sotto delle dimensioni consentite non puoi rilasciarla in natura. Quindi anche la caccia durante le ore di buio, all’alba, al tramonto porta un rischio maggiore di sparare ad animali a cui non dovresti.
Per i richiami vivi, invece? Vuoi dirci qualcosa a riguardo?
In realtà questa è una considerazione molto banale. Si parla tantissimo di benessere animale, ma come può essere definita la detenzione di animali selvatici a scopo di richiamo? È impossibile definirla tale. Da tantissimo tempo vi è una diatriba sulla preferenza dei richiami vivi o i richiami acustici, come le registrazioni. Ma non è possibile dare una risposta. Io metterei i richiami vivi fuorilegge anche per un motivo etico: mantenere gli animali selvatici in detenzione per anni, fino alla morte, dopo la cattura… non dovrebbe essere accettabile.
Ma anche un animale cresciuto così in cattività, che vita ha? D’altro canto, il richiamo vivo durante alcune ore sta zitto. Magari perché è stanco, perché sta mangiando o sta facendo altro. Mentre una registrazione puoi farla funzionare 24h su 24, ad un volume per altro che un animale reale non riesce a produrre. Spesso, quindi, le registrazioni evitano la sofferenza ma possono avere un riscontro anche più impattante, portando ad un prelievo maggiore di animali selvatici. È una questione decisamente controversa.

A livello ambientale, poi la nuova proposta di legge sembra voler obbligare le regioni a ridurre le aree protette se ritenute “eccessive”. Tra l’altro questo va anche contro l’obiettivo del nostro stesso Paese di rendere entro il 2030 il 30% del nostro territorio protetto. Verrà inoltre consentita la caccia anche nelle aree demaniali come spiagge, zone dunali, praterie, foreste, parchi.
Anche qui, dunque, ti chiedo, quali possono essere le conseguenze di una tale scelta? Perché c’è anche da pensare che ci sarà anche un aumento dell’inquinamento, come l’aumento del piombo, il quale è stato limitato proprio nelle munizioni sempre dall’UE tramite il Regolamento REACH.
Penso che la questione del piombo, in Italia come in altri paesi europei, si trascini da diversi anni ormai.
Dall’altro lato, sulle aree demaniali, va considerato che sono anche aree frequentate da tutta la popolazione. Un tipo di fruizione della fauna selvatica, che è a vantaggio di una sola categoria sociale, diventa l’unico modo per le persone di vedere tale fauna in spazi comuni. Con, tra l’altro, un sacco di fastidi e rischi. Ma semplicemente togli il piacere alle persone comuni di vedere, appunto, la fauna.
Diventa veramente una forma di svendita del patrimonio fauna ad una sola categoria, che non solo è anche molto distruttiva ma rischia di rendere la restante cittadinanza ancora più estranea al tema faunistico. Se rendi gli animali molto diffidenti, le persone comuni cominceranno a non vederli e già ora li percepiscono poco. Va detto anche che in alcune regioni e province, vi sono già aree protette dentro le quali si può esercitare la caccia. Ad esempio, nei cosiddetti parchi naturali, non nazionali, quindi le aree protette istituite su decreti provinciali non prevedono che all’interno non venga praticata la caccia. Le uniche aree in cui rigorosamente è proibita la caccia, da statuto, sono i parchi nazionali!
Le aree protette, diciamo, di livello inferiore al “nazionale” dipendono dalla provincia e dalla regione che le istituiscono nel divieto della caccia.
Ti posso fare una domanda però sulla differenza tra acciaio e piombo nel proiettile?
C’è una differenza nell’ingestione. Tutto questo problema è legato principalmente a due fattori. Da una parte gli uccelli acquatici si cibano filtrando e raccattando materiale nel fango. Se tu cacci in un’area, i pallini finiscono nel fondale e gli uccelli che cercano grani, insetti, semi, li possono ingerire involontariamente. Il piombo, in ambiente acido, dà origine ai sali di piombo che sono neurotossici! Per cui, alla fine, l’animale muore per saturnismo. Cosa che non succede con l’acciaio.
Lo stesso problema riguarda l’utilizzo del piombo nelle munizioni a palla. Dall’altro lato, quando viene abbattuto un ungulato, si spara al cuore o comunque agli organi interni. Per cui l’animale viene eviscerato e molti proiettili sono quelli che si aprono a rosetta e i frammenti restano nei visceri. Il cacciatore quando li eviscera, lascia le budella e queste vengono mangiate dai corvidi o dai rapaci e il problema quindi si trasferisce a loro. Io ho visto almeno cinque o sei aquile reali con problemi di saturnismo per ingestione. L’animale via via accumula tali sostanze nel corpo, fino ad avere grossi problemi neuronali che diventano problemi motori. Quindi ad esempio vedi l’aquila che sembra ubriaca perché non riesce a stare in piedi, non riesce a volare. Se non muore in natura, si debilita e viene ritrovata, ma spesso possono essere condizioni tali che non riesce più a recuperare.

Per ultimo, ma non perché meno importante, ci sono anche le conseguenze nei confronti dell’uomo stesso. La caccia verrà consentita anche dopo il tramonto e di notte, non solo in zone frequentate dai turisti come le spiagge ma anche nelle aree private. Gli incidenti, in una pratica di questo tipo, possono accadere, anche tra i cacciatori stessi. L’Università di Urbino il 31 gennaio di questo anno ha rilasciato un comunicato stampa proprio sul numero di vittime nel 2024 di questa attività: 14 morti e 34 feriti, in questo ultimo caso 19 in meno rispetto al 2023. Tutto ciò, però, da controparte porterà un aumento del turismo venatorio, in quanto sarà data anche la licenza di caccia ai cittadini stranieri.
Secondo te, Osvaldo, dinanzi a tutto ciò che abbiamo detto finora, la Commissione Europa si metterà di traverso dato che viola una serie di norme proprie dell’Unione Europea?
A questo non sono in grado di dare una risposta. Da cittadino che ha visto sempre l’Europa una sorta di baluardo per questa o quella nazione, io spero che l’Europa abbia la forza e la fermezza di ribadire tutte le considerazioni ambientali e conservazionistiche per vietare questo genere di azioni.
Sulla questione del cittadino straniero, parliamo di una problematica che nasce magari dall’inconsapevolezza della complessità dell’ambiente a maggior ragione se vengo da un paese diverso dal mio. Rischio di diventare una persona che va’ un giro a sparare senza alcuna conoscenza della realtà locale.
Ok, le nostre domande finiscono qui. Ma prima di lasciarti andare, ti ringraziamo ancora e ti chiediamo per ultimo una tua considerazione su tutto questo.
La mia considerazione personale è che spiace, ancora una volta, constatare che l’argomento venatorio venga utilizzato come un argomento elettorale e che non si dia voce ad enti come l’ISPRA che da anni producono conoscenze e dati capaci di suggerire tutta una serie di atteggiamenti prudenziali. Per cui, è davvero triste questa cosa.
Tutto questo però resta, per il momento, ancora una bozza di legge. Al momento, infatti, il testo ufficiale non è ancora pubblicamente disponibile e prima di diventare legge deve passare per il Consiglio dei ministri e per il Parlamento. Nel frattempo, quindi, possiamo informarci, leggere con attenzione e far sentire la nostra opinione (bisogna approfittarne adesso dato che questa bozza prevedere anche una multa di “900 euro per chi protesta contro le uccisioni di animali durante le attività di controllo”). Noi, nel nostro piccolo, abbiamo provato a darvi informazioni e dati su cui riflettere, a prescindere dalla propria opinione personale sull’argomento.
A titolo informativo, se sei contro questa proposta di legge, ti lasciamo qui sotto un link per firmare la petizione. Altrimenti lasciaci anche un commento per farci sapere la tua opinione a riguardo.
Se vuoi saperne di più su alcuni dei pericoli a cui vanno incontro le specie di uccelli migratori, leggi questo nostro articolo.
Greta L. Cerrone & Simone Valentini