…e cosa possiamo imparare da loro!
Nel cuore delle savane africane c’è una minuscola rivoluzione medica in atto. Non nei laboratori, ma nelle colonie delle formiche Megaponera analis. Un esempio sorprendente di come la natura, ancora una volta, sappia essere maestra di cura, prevenzione e… medicina sociale.
Parliamo di formiche guerriere che cacciano termiti. Un mestiere pericoloso: arti mozzati, ferite aperte e un alto rischio di infezioni.
Ma ecco la meraviglia.
Le compagne riconoscono le formiche ferite e le curano. Sì, proprio così. Le riportano nel nido e le trattano con cure mirate. Non è un gesto casuale o istintivo: è una strategia raffinata per ridurre il rischio di morte e contenere le infezioni.
È stato osservato, infatti, che le formiche ferite che presentano segni di infezione ricevono un trattamento speciale dalle proprie compagne: secrezioni di una ghiandola chiamata metapleural gland. Questo fluido, ricco di composti antimicrobici, è il loro disinfettante naturale. E funziona alla grande, riducendo la mortalità da infezioni di Pseudomonas aeruginosa dal 90% all’8%!
Diagnosi personalizzata… al profumo!
Le M. analis riescono a distinguere tra ferite semplici e infette grazie a cambiamenti chimici nella “pelle” delle compagne. Infatti, il loro profilo di idrocarburi cuticolari (composti organici che costituiscono una parte della cuticola) cambia in risposta all’infezione.

Un po’ come se il corpo infetto odorasse in modo diverso. Ciò permette alle altre formiche di intervenire con la giusta terapia.
Analizzando la secrezione della ghiandola metapleurale, i ricercatori hanno trovato un vero cocktail curativo: 112 composti chimici e 41 proteine, molti con proprietà antibatteriche e cicatrizzanti. Alcuni di questi composti non si trovano in nessun’altra specie nota. Si tratta dunque di un tesoro biochimico che potrebbe persino ispirare nuove molecole antibiotiche per uso umano!
Collaborazione, prevenzione e cura: una medicina naturale…e sociale

Le cure non sono generiche. Le formiche infette vengono curate più spesso, più a lungo, e con maggiore intensità.
È stato visto che se la ghiandola viene bloccata artificialmente, tutte le ferite infette portano alla morte. Se è attiva, invece, la maggior parte delle formiche si salva. Inoltre, è stato possibile notare come le cure comincino già poco dopo la ferita e che diventano più intense nel momento critico dell’infezione (tra 10 e 12 ore), come se le formiche sapessero esattamente quando è il momento giusto per agire.
Tutto ciò ci insegna che non servono grandi cervelli o ospedali per inventare una medicina efficace. Bastano attenzione, cooperazione, ed un sistema in grado di riconoscere il bisogno per rispondere nel modo giusto.
Le formiche ci mostrano una medicina basata sulla prevenzione, sul riconoscimento precoce delle infezioni e sulla collaborazione sociale. Il tutto con zero antibiotici di sintesi e massimo rispetto per la vita della colonia.
In conclusione…
…c’è qualcosa di poetico nel vedere animali così piccoli compiere gesti così grandi.
In un mondo dove la resistenza agli antibiotici è una minaccia crescente, forse vale la pena guardare più spesso cosa succede sotto i nostri piedi. Lì, dove minuscole infermiere a sei zampe salvano vite ogni giorno. E magari, un giorno, anche la nostra.
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