
“Voglio una vita esagerata” cantava Vasco. Una frase esemplificativa per descrivere la rocambolesca vita della scienziata che stiamo per intervistare. Una donna brillante, una scienziata indomita e una persona inarrestabile. Per la sua determinazione e il suo coraggio, è diventata un simbolo di speranza per tutte le persone che combattono contro le ingiustizie, i pregiudizi e le ineguaglianze razziali, religiose e di genere. Sopravvissuta al nazismo, al maschilismo, alla diffidenza e speriamo anche a questa intervista…Signore e Signori, un bell’applauso per la nostra Elisa (Lise) Meitner!
(Applausi)
Buongiorno a tutti!
Buongiorno Dott.ssa Meitner e benvenuta!
Diamoci pure del tu, mi fai sentire vecchia!
Assolutamente! Sono veramente felice di averti qui con noi.
Scommetto che lo dici a tutti i tuoi ospiti.
Solo a chi mi promette una lauta ricompensa! Scherzi a parte, per chi non ti conoscesse, vorresti raccontarci la tua storia?
Si! Sono nata a Vienna, il 7 novembre 1878, da una famiglia ebrea dell’alta borghesia. Ero la terza di ben otto figli! Ti lascio immaginare il casino che regnava in casa. Infatti, ogni volta che dovevo studiare, mi recavo a pochi passi da casa e mi mettevo a leggere sotto una incantevole e rigogliosa quercia. Questo fino all’età di quattordici anni.
Come mai fino a quell’età?
Beh, perché erano altri tempi e alle donne non era concessa l’istruzione superiore. Eravamo ancorati ai vecchi sistemi retrogradi, secondo cui la donna doveva occuparsi dei figli, della casa e del marito. Insomma, il medio-evo…solo che era il XIX secolo.
Mi spiace deluderti, ma in moltissimi Paesi del mondo, la situazione non è cambiata!
Questa notizia mi inorridisce! Sono sempre stata insofferente nei riguardi di queste restrizioni stupide e ingiuste quanto le persone che le avevano istituite. Non solo veniva accentuata la disparità sociale tra il sesso maschile e quello femminile, ma in più si precludeva la possibilità di riscatto ad una gran parte della popolazione, che avrebbe potuto fare la differenza! Quale giovamento avrebbero avuto impedendo alle donne l’istruzione?
Fonte immagine: https://www.enciclopediadelledonne.it/edd.nsf/biografie/lise-meitner

Nessuno! È un cane che si morde la coda.
Esattamente! Tuttavia, niente e nessuno poteva fermare la mia sete di conoscenza. Così, mi ero iscritta ad un corso triennale per insegnare francese e mi ero diplomata (contro il volere di molti) nel 1899. In quello stesso anno, veniva approvata la legge che consentiva alle donne di accedere all’Università. Grazie a Dio!
Quindi, nel 1901, mi ero iscritta all’Università di Vienna, seguendo la mia passione per la fisica! Sono passata alla storia come la prima donna ad aver frequentato un corso di Fisica. I miei compagni di corso non potevano crederci! Mi guardavano con gli occhi sgranati, come se avessero visto un alieno. Sembrava non avessero mai visto una donna prima d’allora!
Beh, la cosa non mi stupisce tanto, dato che tutt’oggi le quote rosa che si iscrivono a Fisica sono la netta minoranza rispetto agli uomini! Però, quelle poche donne che si iscrivono, sono anche quelle che fanno la differenza. Infatti, la Fisica è costellata da personalità femminili autorevoli, importantissime per il sapere scientifico. E tu, rientri in questa categoria.
Ti ringrazio! In parte, lo devo agli insegnanti che ho avuto. Primo fra tutti, Ludwing Boltzmann, un fisico-matematico che non ha bisogno di presentazioni. Da grande qual era, mi aveva trasmesso la passione e l’entusiasmo per la ricerca. E quando ero venuta a conoscenza del suo suicidio, nel 1906, ero sconvolta!
Mi dispiace! La scomparsa di Boltzmann è stata un’enorme perdita per i suoi cari, per la scienza, ma anche per l’umanità intera.

Già! Nello stesso anno, mi ero laureata (con il massimo dei voti) e avevo intrapreso gli studi su un nuovo campo: quello delle radiazioni. Mi ero trasferita a Berlino, per seguire le lezioni di Max Planck, padre della meccanica quantistica (Premio Nobel nel 1918). Lì, avevo conosciuto un brillante chimico (mio coetaneo): Otto Hahn, che aveva studiato in Gran Bretagna da Rutherford (altro Premio Nobel, nel 1908).
Lise Meitner e Otto Hahn al lavoro nel loro laboratorio nel 1913.
Galeotto fu quell’incontro! Perché, da quel momento in poi, io ed Otto avevamo instaurato un profondo rapporto di amicizia. Non privo di contrasti e dissapori, sia ben chiaro! Era un legame destinato ad incrinarsi a causa delle vicende storiche e del mancato riconoscimento del mio lavoro da scienziata. Insomma, per quanto potessi essere brillante e visionaria, non ero presa sul serio solo perché ero una donna! Nonostante le diffidenze, avevamo deciso di fare coppia, lavorando presso l’Università.
Ottimo! Se non riconoscevano il tuo lavoro, potevi almeno contare sul tuo stipendio per sopravvivere.
Macché, non ho visto l’ombra di un quattrino per anni! Se a noi donne veniva strappato il diritto di studiare, pensa un po’ cosa spettava alle donne che intraprendevano una carriera scientifica.
Niente, nada de nada, niet, nisba…
Se non un cenno di saluto, uno di disappunto e ghigni di derisione. Non avevo né un contratto, né uno stipendio e benché meno un laboratorio. Portavo avanti le mie ricerche in un ripostiglio, e quando dovevo confrontarmi con Otto, dovevo sgattaiolare dal retro, per non farmi vedere dalle guardie dell’Istituto. Era un inferno! E dubito che un uomo avrebbe tollerato una condizione del genere. Ma noi donne abbiamo la pelle dura! E l’amore per la fisica era più forte di qualsiasi forma di discriminazione.
Da un lato, sono scioccato per quello che ti è accaduto, e ti porgo le mie più sentite scuse (a nome di tutto il genere maschile)! Dall’altro, non posso che ammirare la tua determinazione. Ma raccontami di più, quando è avvenuta la svolta?
Era il 1912, quando Max Planck mi nominò sua assistente! Venivo assunta al “Kaiser Wilhelm Institut”, nella sezione di Fisica Teorica. Finalmente, alla veneranda età di 34 anni, (per l’epoca era un bel po’) ero economicamente indipendente! O meglio…stipendiata, dato che riuscivo a malapena a pagare tutte le spese.
Ok! E una volta diventata assistente, potevi finalmente dedicarti ai tuoi studi senza intoppi, giusto?
Eh no, caro! Era appena scoppiata la prima guerra mondiale ed ero andata nelle retrovie del fronte per lavorare come tecnico radiografico. Solo alla fine del conflitto sono rientrata in Università e ho potuto dedicarmi allo studio degli isotopi radioattivi (atomi aventi lo stesso numero di protoni, ma diverso numero di neutroni). Mi ero rimboccata le maniche e avevo pubblicato i miei lavori, sempre in maniera anonima, perché una donna non poteva essere presa sul serio dai “veri scienziati”. Questo, fino al 1926, quando ero stata nominata “Professore Straordinario”.
Ero la prima donna ad aver ottenuto questo titolo in Germania.
Ah, finalmente! Aveva ottenuto il successo che meritava.
Non proprio, dato che la mia lettura inaugurale sulla “radioattività e la fisica cosmica” era stata scambiata per: “fisica cosmetica”. Lì per lì, dopo tutto quello che avevo subito negli anni, l’avevo presa sul ridere. Però, la cosa mi faceva riflettere! Era gravissimo pensare che una donna non avesse una risonanza in quei settori della scienza solo perché di dominio maschile. Ma stendiamo pure un velo pietoso! Dopo l’accaduto, erano seguiti anni di risultati e successi scientifici.
Insomma, tutto bene quel che finisce bene!
In verità, no! Non avevamo fatto i conti con il destino. Hitler era salito al potere, istituendo le leggi razziali, ed essendo ebrea fui costretta a dimettermi dall’incarico di Professore. Fortunatamente, grazie al sostegno di Plank, ero riuscita a proseguire nelle mie ricerche. Dopo qualche anno, ero venuto a conoscenza dell’entusiasmante lavoro di un geniale fisico italiano: Enrico Fermi. Mi aveva ispirata e portata a condurre alcuni esperimenti in laboratorio, aiutata da Hahn e Fritz Strassman (un altro brillante chimico). I risultati degli esperimenti erano stupefacenti! Dal bombardamento atomico di alcuni materiali, avevamo generato elementi transuranici. O, almeno, così ci sembrava!
E poi, cos’è accaduto?
Con l’unificazione dell’Austria alla Germania, il 12 marzo 1938, la situazione per gli ebrei era diventata insostenibile. Dovevo fuggire via! A luglio, grazie all’aiuto di un fisico olandese, Dirk Coster, sono riuscita miracolosamente a passare il confine per l’Olanda. E mi sono stabilita a Stoccolma, accolta dal premio Nobel Manne Siegbahn, nel suo Istituto.
Il 19 dicembre dello stesso anno, Hahn mi scrive: “bombardando l’uranio con neutroni ho ottenuto tracce di Bario (un elemento molto più leggero dell’Uranio)”. Insomma, l’Uranio bombardato da neutroni non si tramuta in un elemento transuranico, come pensavamo, ma scindeva in frammenti più leggeri. Eravamo agli albori di una scoperta a dir poco sensazionale! Un nuovo fenomeno della fisica si stagliava davanti ai nostri occhi increduli, e lo avevamo ribattezzato: fissione nucleare! Hahn e Strassman avevano pubblicato il nostro lavoro sulla rivista “Die Naturwissenschaften”.
Però, non c’era alcuna traccia del mio contributo!

Oddio! Si erano appropriati delle tue intuizioni e non ti avevano nemmeno citata?
Esatto! Tuttavia, circa un mese dopo, il 10 febbraio 1939, mi ripresi quello che mi spettava.
Date a Cesare quel che è di Cesare!
Mio nipote Frisch ed io pubblicammo un lavoro su Nature, relativo alla nuova scoperta, e che descriveva le basi teoriche della fissione nucleare. Purtroppo, come ogni grande scoperta, era destinata a finire nelle mani sbagliate. Infatti, se la fissione nucleare poteva essere adoperata per fini pacifici (tipo generare energia), poteva anche essere utilizzata impunemente a scopi bellici (bomba atomica). E, soprattutto durante un conflitto mondiale, la seconda opzione era la più bramata dalle nazioni. Insomma, eravamo diventati come Prometeo, che aveva donato il fuoco agli uomini per il loro bene, ma questi ne avevano fatto scempio! Dovevi vedere come pressavano gli U.S.A. pur di assumermi e lavorare alla bomba atomica. Ma da fervente pacifista quale sono, ho sempre rifiutato qualsiasi offerta, senza alcuna esitazione. Alla fine del conflitto, ero tornata in Svezia, come Professoressa all’Istituto Reale di Tecnologia. Il 15 novembre 1945, Otto Hahn aveva ricevuto il premio Nobel per la chimica, grazie alla nostra scoperta della fissione nucleare. Indovina un po’ chi NON è stata premiata?
Beh, posso immaginare.
E oltre il danno, la beffa! Perché non solo si sono dimenticati di nominarmi, ma non sono stata nemmeno citata nel discorso di premiazione di Hahn. Quel maledetto, mascalzone e pusillanime! Dopo tanti anni di amicizia, non una sola sillaba del mio nome è stata pronunciata da quella sacrilega bocca. Nemmeno una lettera di scuse! E, senza di me, sarebbe rimasto a leccare il…fondoschiena di Plank. Ma va bene così! Lo perdono perché mi ero rifatta con le innumerevoli onorificenze, ricevute negli anni. Tra queste, la medaglia Max Planck dalla German Physical Society (nel 1949).
Assurdo! La stessa Germania che, fino a qualche anno prima, ti dava la caccia?
Quando si dice: la coerenza. Poi, nel 1966 ho ricevuto il premio Enrico Fermi. Infine, nel 1994 sono stata inserita nella tavola periodica degli elementi. L’elemento 109, creato artificialmente in Germania, è chiamato “Meitnerium” in mio onore.
La stessa Germania!
Sempre la stessa Germania. Terminata la carriera scientifica in Svezia, nel 1960 mi ero ritirata a Cambridge, presso alcuni parenti. E da lì, meritato riposo.
Beh, ci mancherebbe. La tua vita è stata ricca di eventi, avventure, successi e difficoltà! Una persona normale si sarebbe arresa alla prima difficoltà. Ma tu no! Hai sempre avuto la forza di rialzarti ed andare avanti. E avresti potuto avere una carriera migliore, forse una vita più agiata se solo avessi rinunciato ai tuoi valori. Eppure, non l’hai fatto! Per questo sei una enorme fonte di ispirazione, non solo come scienziata, ma come essere umano.
Ti ringrazio!
No, sono io che ringrazio te, a nome di tutti.
Devi sapere, che sulla tua lapide c’è una effige, che cita:
“Lise Meitner: una fisica che non ha mai perso la sua umanità”.
Il tuo valore, se pur tardivamente, è stato degnamente riconosciuto. E non c’è onorificenza o premio (nemmeno il Nobel), che possa eguagliare tale considerazione di affetto e umanità. Grazie!
Fonti:
- “Lise Meitner, la scienziata che spiegò la fissione nucleare e la sua lettera sui tedeschi e il nazismo”, Bet Magazine Mosaico, Francesco Cappellani, 09/01/2024
- “Lise Meitner, la fisica pacifista pioniera del nucleare che non accettò di creare la bomba atomica”, ELLE, Sara Mostaccio, 25/10/2019
- “Lise Meitner, la madre della fissione nucleare”, VitaMine Vaganti, Alice Vergnani, 17/04/2021